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MEME: ARCHIVIO INFINITO DI CREATIVITA’

Articolo di Benedetta Mordente In un momento storico in cui il patrimonio multimediale è il più vasto mai visto, creatività e personalizzazione rappresentano l’essenza stessa dei meme, per la possibilità che danno di rielaborare i significati un numero infinito di volte. Una prima definizione Il meme è la minima unità culturale capace di replicazione nei cervelli. È,ad esempio, una moda, uno stereotipo, un'immagine, che si propaga tra le persone attraverso la copia o l'imitazione mediante disseminazione e condivisione . Questa è almeno la definizione che troviamo su Wikipedia. Il primo ad utilizzare questo termine fu Richard Dawkins nel suo libro Il gene egoista (1974), intendendolo come l’unità base dell’evoluzione umana, così come il gene è l’unità base dell’evoluzione biologica. Chiaro è che con l’avvento di internet il termine ha cambiato significato, ma l’associazione non è sbagliata: così come il gene si diffonde attravers

LA BANALITÀ DEL MEME: Come l’ingresso dei meme nel circuito mainstream abbia appiattito la comunicazione sui social network

Articolo di Emanuele Di Tota 

Il meme: un fenomeno difficile da definire

L’oggetto di questo articolo probabilmente non ha bisogno di presentazioni: ormai i meme si sono ritagliati un posto stabile tra le forme della comunicazione sui social network, al punto che ogni individuo che frequenti uno di questi spazi digitali ha una conoscenza, seppur minima, del fenomeno. Un oggetto sicuramente difficile da definire a causa della sua natura mutevole: Patrick Davison (2009) tentò per primo di descrivere il fenomeno, definendo il meme come «un pezzo di cultura, solitamente una battuta, che ottiene influenza attraverso la trasmissione online»; da allora sono stati molti i tentativi di fotografare con una definizione un fenomeno che puntualmente sembra sfuggirne. 

Come sottolinea Alessandro Lolli (2017) potremmo dire che i meme «sono quasi sempre immagini, quasi sempre accompagnate da una didascalia e quasi sempre quella didascalia è una battuta». Lolli segnala tre caratteristiche che contraddistinguono la maggior parte dei meme, ma che non bastano a descrivere l’intero fenomeno; i tre quasi sempre che utilizza ci trasmettono un’idea importante per la comprensione del discorso che porteremo avanti: i meme durante la loro evoluzione hanno assunto delle forme preponderanti, ma non si esauriscono in quelle forme ed anzi, ne sperimentano ed assumono costantemente di nuove.

Dalle piattaforme esterne ai social network

Anni fa Linda K. Börzsei (2013) evidenziava come la storia evolutiva dei meme fosse stata sostanzialmente ignorata dal mondo accademico fino ad allora; tuttavia il fenomeno, in continua espansione, col passare del tempo ha attirato su di sé l’attenzione degli studiosi, così che oggi abbiamo a disposizione un discreto numero di ricerche che ripercorrono l’evoluzione dei meme su internet. Conoscere il percorso che i meme hanno affrontato nell’ultimo ventennio è fondamentale per poter interpretare le dinamiche attuali.

I meme, come li conosciamo noi oggi, nascono nei primi anni duemila su 4chan, un sito web imageboard, ovvero basato unicamente sulla condivisione di immagini da parte degli utenti; a questo si affiancheranno successivamente dei siti aggregatori di immagini come 9gag e reddit che contribuiranno ad aumentare la portata dal fenomeno; in questa prima fase i meme che vengono creati su queste piattaforme sono soggetti a numerose rielaborazioni da parte degli utenti e solamente alla fine di un lungo percorso, in cui vengono esplorate la maggior parte delle capacità espressive di un determinato meme, questo approda sui social network. La base del meme, che viene chiamata template o cornice memetica, subisce dunque un lungo processo di gestazione prima di essere resa accessibile a chi non fa direttamente parte di questo universo (Lolli, 2017).

Ad un certo punto della storia dei meme, che possiamo collocare tra il 2012 e il 2013, questa modalità produttiva cambia: gli utenti dei social network, che fino ad allora si erano limitati ad accogliere i meme da piattaforme esterne, ed eventualmente a rielaborarle, iniziano a produrre nuovi meme direttamente sui social network, primo su tutti Facebook (Lolli, 2017). Si tratta di un momento importante, che porta con sé un profondo cambiamento nella produzione del meme: da questo momento in poi i social network si appropriano progressivamente del processo produttivo, relegando ad una posizione marginale le piattaforme esterne dove questo fenomeno era nato, ma soprattutto eliminando completamente quel processo di gestazione di cui si è parlato; con il passaggio della produzione memetica da 4chan ai social network si perde completamente la lunga fase di sperimentazione, rielaborazione e scrematura che fino ad allora aveva caratterizzato il fenomeno.

L’ingresso nel circuito mainstream

Con il processo produttivo inglobato interamente dai social network i meme diventano rapidamente un fenomeno di massa, si moltiplicano e si replicano ad una velocità incredibile, dando vita ad un patrimonio multimediale di dimensioni mai viste prima. Ma il meme come fenomeno di massa ha delle importanti conseguenze, che costituiscono il fulcro di questa analisi. 

Su Facebook iniziano ad appropriarsi dei meme, producendoli e condividendoli, pagine che sono seguite da centinaia di migliaia di utenti; parliamo di pagine che potremmo definire generaliste, che si rivolgono ad una platea ampia ed eterogenea: in questo modo i meme entrano definitivamente nel circuito mainstream; queste pagine, dovendosi rivolgere ad un pubblico così vasto, si rendono protagonisti di un’accelerazione del cosiddetto processo di normificazione; con questo termine si indica sostanzialmente una banalizzazione dei contenuti dei meme: ai tempi di 4chan questo processo indicava solamente l’ultima fase della filiera memetica, in cui il meme, usurato dalle continue rielaborazioni, si lasciava andare a contenuti più semplici e banali. Il circuito mainstream accelera questo processo, usurando in un brevissimo lasso di tempo ogni cornice memetica.

Le pagine mainstream svolgono un ruolo determinante anche nell’accelerazione di un altro processo: la cristallizzazione delle Immagini Macro come meme per antonomasia; le Macro sono meme formate da un’unica immagine, iconica, immediatamente riconoscibile, che di solito si diffonde replicandosi senza variazioni, assumendo un significato intrinseco; a variare è il testo, solitamente spezzato in due parti: superiore (top text) e inferiore (bottom text). La combinazione di questi due elementi ha un grande successo fin dal 2006, con le serie di meme chiamate Advice Animals e Lolcats, e con il tempo inizia a cristallizzarsi come forma principale dei meme, tanto che «un osservatore superficiale potrebbe scambiar[la] per i meme tout-court» (Lolli, 2017).




La standardizzazione e la risposta dank

I meme che vengono prodotti dal circuito mainstream sono in gran parte Immagini Macro con il testo spezzato in due parti; questa configurazione è ormai nota come TT/BT (top text/bottom text) e, come si è detto, è diventata il meme per antonomasia. Il grande successo di questa struttura memetica si deve sicuramente alla sua semplicità: chiunque, al giorno d’oggi, potrebbe creare in pochi secondi un meme TT/BT. Siti online e applicazioni per la creazione di meme hanno poi ulteriormente facilitato il processo di creazione, rendendolo accessibile anche a persone sprovviste di una anche minima confidenza con i programmi di fotoritocco; contemporaneamente hanno contribuito a rendere questa struttura ulteriormente standardizzata, portando l’utente ad utilizzare sempre le stesse cornici memetiche e lo stesso font (Impact).

Di fronte a contenuti standardizzati nella forma e banali nei contenuti, all’interno della community dei memers sono nate numerose correnti che, in vari modi, hanno cercato di prendere le distanze dai meme mainstream. Tra i prodotti che più hanno avuto seguito in quest’ottica troviamo i cosiddetti dank meme: in questa tipologia di meme ci si oppone al processo di banalizzazione attraverso una massiccia sovrapposizione di significati, citazioni e riferimenti culturali (layers); in questo modo il prodotto presuppone diversi livelli di comprensione, in base al grado di conoscenza che ha l’osservatore dei riferimenti utilizzati, mentre risulta totalmente inaccessibile a chi non possiede lo stesso background culturale del memer che l’ha realizzato. 




L’appiattimento della comunicazione sui social

La tesi che qui portiamo avanti è che l’ingresso dei meme nel circuito mainstream abbia in una certa misura appiattito la comunicazione sui social. Per comprendere il senso di queste affermazioni è opportuno partire da un’altra definizione che Lolli ci fornisce del meme, che riesce a cogliere l’essenza più profonda di questo misterioso oggetto: «quel fenomeno virale che non mira a riprodursi ma a reinventarsi». Il meme infatti è composto da una parte fissa, che viene riproposta identica nei meme successivi, e da una parte variabile, che rappresenta il vero motore dell’attività memetica: la continua rielaborazione è ciò che rende veramente il meme un incredibile strumento espressivo.

Ma precedentemente abbiamo parlato di un processo di standardizzazione: che cosa succede se la parte fissa del meme inizia ad inglobare progressivamente gli elementi della parte variabile? Il singolo meme perde buona parte della sua carica innovativa, assomigliando sempre di più al meme che lo ha preceduto; l’utilizzo esasperato di forme standardizzate può trasformare il processo di produzione dei meme da una rielaborazione creativa ad una riproduzione meccanica.

L’analisi dei meme del circuito mainstream

Ma lo scenario attuale è realmente quello che abbiamo descritto? Per avere un’idea di quale siano le caratteristiche dei meme del circuito mainstream italiano abbiamo deciso di fotografare la situazione attuale attraverso un’analisi quantitativa. Per poter analizzare il meme come fenomeno è stato necessario prima di tutto definirne la struttura, scomponendolo in dimensioni; in questa operazione preliminare il punto di riferimento per l’individuazione delle varie dimensioni è stato il saggio Memes in a Digital World di Limor Shifman (2013), in cui il meme è scomposto in contenuto (il messaggio comunicato), forma (la formulazione fisica del messaggio, percepita attraverso i sensi) e posizione (la posizione comunicativa del memer).

Partendo da questa scomposizione abbiamo attuato un processo di operativizzazione, individuando delle sottodimensioni e degli indicatori; a questo punto abbiamo preso in considerazione solamente gli indicatori che ci sembravano funzionali al tipo di analisi portata avanti: la cornice memetica, eventuali interventi sui meccanismi della cornice, eventuali interventi di natura grafica, sintassi del testo, font del testo, tipologia di meme, layout, ambito della cornice ed ambito del messaggio, presenza di layers di matrice culturale e layers di matrice memetica.

Questi indicatori sono stati utilizzati per analizzare gli ultimi cinque meme che in data 31 gennaio 2019 erano stati realizzati e condivisi da dieci pagine Facebook, selezionate tra le pagine più seguite dello scenario mainstream italiano, così da avere un campione composto da cinquanta meme. Le pagine selezionate sono: CALCIATORI BRUTTI, Non sono bello ma spaccio, Il Superuovo, Alpha Man, Chiamarsi Bomber, Cose Non Cose, IntrashTtenimento 2.0, ScuolaZoo, Alpha Woman, PSDM.

I risultati dell’analisi


Guardando i dati che abbiamo raccolto, sicuramente quello che più cattura la nostra attenzione è il dato relativo alla sintassi del testo. Il 60% dei meme ha la stessa struttura sintattica, che ormai sembra essersi cristallizzata: un periodo solitamente composto da una proposizione temporale introdotta dal Quando, seguita a volte da una proposizione consecutiva; in questa particolare costruzione nata nel mondo dei meme non vi è una proposizione principale, il cui ruolo viene assunto dall’immagine del meme stesso. I dati confermano, sotto questo punto di vista, che vi è un effettivo appiattimento della comunicazione già sul piano espressivo-verbale, dove una costruzione della frase si è rapidamente imposta come modello per la realizzazione di un meme.

Per costruire un meme si possono utilizzare gli stili, le forme e i layout più disparati; tuttavia i dati raccolti ci mostrano uno scenario in cui il 78% dei meme è formato da un’unica immagine, ovvero costruito attraverso la struttura che precedentemente abbiamo definito come Immagine Macro; questa categoria si divide tra classiche Macro e Macro «che si sono semplicemente evolute in una nuova veste grafica» (Lolli, 2017), con il testo posto sopra l’immagine. Nonostante Lolli affermi che le Macro stile fine-anni-Zero (ovvero composte da immagine Macro, TT/BT e font Impact) «non si vedano più e sappiano un po’ di vecchio», bisogna sottolineare come i dati raccolti segnalino al contrario la resistenza al cambiamento di queste forme cristallizzate. Infatti, nei meme da noi analizzati, il 38% sono meme TT/BT ed il 42% utilizza il font Impact. L’analisi dei font, tra le altre cose, ci segnala una tendenza da parte di alcune pagine all’utilizzo di font non convenzionali o addirittura personalizzati (CALCIATORI BRUTTI, Chiamarsi Bomber e ScuolaZoo); ciò, a parer nostro, sembra indicare una sorta di brandizzazione del meme attraverso il font, che risulta immediatamente riconoscibile e riconducibile alla pagina di appartenenza.

Per quanto riguarda la complessità e lo spessore contenutistico dei meme, sono pochissimi i prodotti che contengono citazioni o riferimenti: solamente il 14% dei meme presenta dei layers di tipo culturale, mentre nessun meme contiene layers meta-memetici. Nel 38% dei casi si utilizzano cornici memetiche già diffuse, ma solamente in un caso il memer interviene sui meccanismi della cornice stessa. Anche i dati degli interventi di natura grafica vanno nella stessa direzione: in soli tre casi (6%) il memer opera un intervento di fotoritocco.

I dati raccolti sembrano confermare la nostra tesi: i meme prodotti dal circuito mainstream italiano seguono la maggior parte delle volte forme e criteri standardizzati, che inevitabilmente vanno a minare l’incredibile potenziale espressivo dei meme. D’altronde la parola meme deriva dal greco mímēma, imitazione; questo termine può assumere una valenza positiva quando il modello imitato diventa uno stimolo per innescare il moto creativo, ed una valenza negativa quando invece l’imitazione si limita ad una copia pedissequa del modello stesso. L’impressione, apparentemente supportata dai dati, è che la produzione memetica in questo circuito si basi al momento sull’imitazione nella sua accezione negativa.






Bibliografia

Börzsei, L. (2013), Makes a Meme Instead: A Concise History of Internet Memes, Utrecht University. Disponibile in: https://works.bepress.com/linda_borzsei/2/

Davison, P. (2009), The Language of Internet Memes, in Mandiberg M. (a cura di), The Social Media Reader (pp. 120-134). Disponibile in: http://fall2015.veryinteractive.net/content/6-library/20-the-language-of-internet-memes/davison-thelanguageofinternetmemes.pdf

Lolli, A. (2017), La guerra dei meme. Fenomenologia di uno scherzo infinito, Orbetello

Shifman, L. (2013), Memes in a Digital World: Reconciling with a Conceptual Troublemaker. Journal of Computer-Mediated Communication, 18 (pp. 362-377). Disponibile in: https://academic.oup.com/jcmc/article/18/3/362/4067545

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