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MEME: ARCHIVIO INFINITO DI CREATIVITA’

Articolo di Benedetta Mordente In un momento storico in cui il patrimonio multimediale è il più vasto mai visto, creatività e personalizzazione rappresentano l’essenza stessa dei meme, per la possibilità che danno di rielaborare i significati un numero infinito di volte. Una prima definizione Il meme è la minima unità culturale capace di replicazione nei cervelli. È,ad esempio, una moda, uno stereotipo, un'immagine, che si propaga tra le persone attraverso la copia o l'imitazione mediante disseminazione e condivisione . Questa è almeno la definizione che troviamo su Wikipedia. Il primo ad utilizzare questo termine fu Richard Dawkins nel suo libro Il gene egoista (1974), intendendolo come l’unità base dell’evoluzione umana, così come il gene è l’unità base dell’evoluzione biologica. Chiaro è che con l’avvento di internet il termine ha cambiato significato, ma l’associazione non è sbagliata: così come il gene si diffonde attravers

Instagram censura: il “ciclo” vitale del post di Rupi Kaur

Articolo di Alessandra Alfonso


Chi è Rupi Kaur?

“Sanguino ogni mese per aiutare a fare dell'umanità una possibilità. […] nelle antiche civiltà questo sangue era considerato santo. In alcune lo è ancora, ma la maggioranza delle persone, le società, e le comunità fuggono questo processo naturale. Alcuni sono più a loro agio (a convivere) con la pornificazione delle donne e la loro sessualizzazione” (Kaur, 2015).
Il web parla di Rupi Kaur come una poetessa, illustratrice, performer e fotografa di origine indiana, classe ’92 con già due pubblicazioni all’attivo: Milk and Honey (2014) e The Sun and Her Flowers (2017). Questa studentessa, col suo caso, ha fatto il giro del mondo.

Rupi Kaur è su Instagram

Era il 2015 quando studiava alla University of Waterloo, in Canada, e decideva di presentare come progetto finale del corso di Visual Rethoric, una successione di fotografie a cui dette come titolo Period: un chiaro riferimento al ciclo mestruale femminile.

Immagine 1: Screen di alcune delle immagini della raccolta "Period" di Rupi Kaur.
Come di consueto per gli artisti di questo tempo, anche Rupi Kaur ha interesse che la sua arte già di per sé attrattiva, sia ancor più efficace, diretta, impattante, ma soprattutto visibile. Ecco perché decide di pubblicare le immagini non solo sul suo sito (rupikaur.com) ma anche sulla sua pagina Instagram (@rupikaur_).

Un appassionante duello

È nel giro di 24 ore che la situazione si ribalta e quella che era partita come un’operazione del tutto ordinaria - condividere i suoi lavori sul Social Network più frequentato del momento - diventa un vero e proprio duello con le linee guida della community di Instagram. Le sue fotografie vengono infatti cancellate per ben due volte dal social. Non del tutto inaspettatamente - come l’artista stessa dichiarò – trascorse le prime 24 ore dalla cancellazione, Rupi decide di ripubblicare le sue foto che subiranno lo stesso destino poco dopo. Una nota, questa volta, correda la cancellazione: Instagram giudica le foto non conformi alle linee guida della piattaforma, più specificatamente rispetto al punto 2 della normativa sulla Privacy e sul Centro per la sicurezza.

Immagine 2: Spiegazione di Instagram censura del post di Rupi Kaur da The Telegraph.
Cosa è successo? Perché Instagram ha deciso di censurare la foto di un’artista che ritraeva una donna con il ciclo?

Le Condizioni D’Uso

Per capirlo è necessario innanzitutto analizzare le Condizioni d’Uso della piattaforma.
La community infatti, all’interno del suo Centro di Assistenza (https://help.instagram.com/) dispone di una policy, con una sezione intitolata Privacy e Centro per la Sicurezza nella quale, spulciando ben bene, si trova un titolo: Condizioni di Base, che elenca modi d’uso e responsabilità dell’utente. Con sorpresa, immediatamente sotto il Punto 1, viene espresso: “È proibito pubblicare sui Servizi, foto o altri contenuti violenti, con nudità totali o parziali, 2 discriminatori, illegali, illeciti, con messaggi di odio, pornografici o con allusioni sessuali esplicite” (Instagram, 2017).

La risposta di Rupi Kaur ad Instagram

Dopo aver ricevuto la segnalazione, l’artista scrive una breve risposta alla piattaforma utilizzando Facebook come canale di comunicazione. Nel frattempo, la fotografia fa il giro del web per circa 10.000 volte. Il post di risposta risale al 25 marzo 2015 nel quale l’artista accusa di censura Instagram che senza motivi giustificati le ha eliminato i contenuti e la denuncia chiaramente di non curarsi delle immagini su di essa diffuse, che non raramente ritraggono pratiche bondage, torture, abusi e umiliazioni comunemente accettate.
“Grazie Instagram per avermi fornito la risposta esatta rispetto a quanto critico nei miei lavori. Hai cancellato due volte la mia foto affermando che va contro le linee guida della community. Quando invece le tue pagine sono piene di foto e account in cui le donne (di cui tante sono minorenni) sono ritratte come oggetti. pornificate. e trattate meno che umane. Grazie” (Kaur, 2015).

Immagine 3: Screen del post su Facebook di Rupi Kaur in risposta alla censura di Instagram.

Quartieri a luci rosse e account provocanti su Instagram

Quello che la Kaur dice è vero nella misura in cui mi sono trovata a investigare sul Social con la volontà di trovare immagini che violassero i contenuti della piattaforma. Il risultato è stato un proliferare di hashtag “creativi” identificati come le porte ai quartieri a luci rosse di Instagram. Caratteri speciali e sinonimi fanno da orientamento all’interno della fruizione di contenuti porno, ben nascosti ma pur sempre esistenti. Questo non esaurisce la mia curiosità, che mi fa arrivare ad account ben visibili invece, nei quali le immagini non solo non sono censurate, la parola “accettate” sarebbe un vero e proprio eufemismo. Sto parlando di provocanti account tutti al femminile con migliaia di followers, commenti e likes. Un esempio è il profilo della modella Chiara Bianchino, in arte @deadly_nightshade_photomodel.

Immagine 4: Screen profilo Instagram di Chiara Bianchino@deadly_nightshade_photomodel


L’ammissione di colpa di Instagram

Tornando alla storia, il tutto si conclude quando Instagram risponde al post dell’artista con delle scuse, ritirando la censura. La motivazione? Una semplice ammissione di colpa, infatti l’errore in questione riguardava le segnalazioni su quell’immagine, le quali erano state accettate dal Social senza le dovute verifiche.

Immagine 5: Screen dell'e-mail ricevuta da Rupi Kaur dal Washington Post Online.
Questo però, non fu sufficiente a mettere a tacere l’accaduto, il caso infatti suscitò clamore anche a livello giornalistico, e molte testate ne parlarono, tra cui The Telegraph con un articolo titolato “Instagram deletes woman’s period photos – but her response is amazing” (R. Sanghani, 2015) o il Washington Post online con un altro eloquente titolo: ”Why di Instagram censor this photo of a fully clothed woman on her period?” (C. Dewey, 2015).

Le regole del gioco 

Ma allora quand’è che si rompe il confine tra visibilità di un contenuto e si incappa in censura?
È davvero Instagram che detta le regole del gioco? Ai fini della domanda occorre comprendere di fronte a quale tipo di censura si è trovata la fotografia di Rupi Kaur, specialmente alla luce del contesto attuale che vede l’immagine all’apice della sua riproducibilità digitale e della pratica serializzata della pubblicazione online di foto ritraenti qualsiasi tipo di soggetto ai fini di rendersi visibili, condividere, appagare il proprio ego o chissà cos’altro.

Lo dissero per primi Diderot e D’Alembert


Per rispondere ulteriormente, torniamo indietro nel tempo precisamente nel 1751, quanto la 1a edizione de L’Encyclopédie alla voce menstrues recitava: “Ce sont les évacuations qui arrivent chaque mois aux femmes. […] Les menstrues des femmes sont un des plus curieux; des plus embarrassans phénomènes du corps humain”. I mestrui sono le evacuazioni che arrivano ogni mese alle donne. […] Sono uno dei più curiosi ed imbarazzanti fenomeni del corpo umano. (Diderot e D’Alembert, 1765, citato da: Attimonelli & Susca, 2016, p. 93). Gli aggettivi a far da chiave di lettura di secoli di abitudini mentali, superstizioni e tabù in questa traduzione sono: “curiosi” e “imbarazzanti” i quali, sostituiti alle parole che abbiamo incontrato nella Guidelines di Instagram: “contenuti violenti, pornografici, con allusioni sessuali” risultano sicuramente decisivi nella segnalazione della macchia di sangue nella foto di Rupi Kaur che ha poi provocato la censura (Attimonelli & Susca, 2016).

“Occhio” alla foto censurata

Ritorniamo ora al presente e facciamo un’analisi della fotografia incriminata, così da riconoscerne meglio le finalità.

Immagine 6: L'immagine censurata della raccolta"Period" di Rupi Kaur
Partiamo dal luogo in cui la protagonista si trova: un ambiente riconoscibile come una camera da letto al momento del risveglio. Probabilmente la fonte di luce viene dalla sinistra della protagonista, la quale è di spalle e perfettamente illuminata da un raggio obliquo che conferisce un’esposizione tale alla foto, da renderla luminosa e dall’aspetto quasi romantico. La protagonista è ancora addormentata e riversa sul fianco sinistro, di spalle alla macchina fotografica, ed immaginiamo che durante la notte si sia scoperta perché le lenzuola sono arrotolate e spiegazzate; indossa un pigiama dalle tonalità fredde, sul quale al centro vi è una macchia di fluido mestruale, replicata anche sulle lenzuola. (Attimonelli & Susca, 2016). Quest’ultima per molti utenti è probabilmente risultata come il cosiddetto Punctum Barthesiano (Barthes, 2003) della fotografia nonostante sia lievemente decentrato e il rosso non si percepisca in modo immediato, anzi risulti sbiadito a causa delle scelte di post-produzione.

Chi ha davvero censurato Rupi Kaur

Se tutto questo è vero l’immagine in questione si trova ad essere censurata dagli stessi che utilizzano il Social per pubblicare contenuti e le loro ragioni non possono che essere di natura sociologica (forse perché considerata volgare, disgustosa e imbarazzante) e non di certo poiché esplicativa di contenuti violenti o peggio pornografici. È possibile che quelle stesse ragioni siano strettamente connesse con il medium di appartenenza della foto incriminata.
La risposta è sicuramente all’interno di Instagram, dove la foto è stata percepita come “fuori luogo”, sgradita, inaspettata quanto indesiderata dagli utenti stessi. L’interrogativo che si collega a questa riflessione è sicuramente quello che vede come oggetto centrale cosa sia allora considerato pubblicabile su una piattaforma come Instagram e ancora “in che modo e quanto si sia insinuato il sesso nell’immaginario quotidiano, al punto da attribuire caratteristiche porno all’immagine di Kaur, e pertanto segnalarla come illecita, mentre altrove sono socialmente integrate e da tempo, altre tipologie di immagini la cui vocazione pornoerotica è esplicita e non lascia dubbi – dalla pubblicità ai programmi televisivi, fino alla pornosfera online” (Attimonelli & Susca, 2016). Senza andar lontano, andando a scandagliare le estetiche di Instagram, ci rendiamo conto che al suo interno viaggiano parecchi contenuti che veicolano una mise en abyme di estetiche grottesche.

“Il corpo” pubblicato dagli instagramer è senza mestruo

In base a quanto detto, possiamo asserire dunque che l’immagine risulti estranea dal contesto tipico a cui sono abituati gli Instagramer, sia per quanto riguarda la fruizione sia la pubblicazione dei contenuti. Ad essere stati “disturbati sono coloro i quali non si sono sentiti partecipi della scena ritratta e non ne hanno compreso la finalità” (Attimonelli & Susca, 2016, p. 95). Per quanto ci si possa ragionare sopra però, la foto di Rupi Kaur non può essere considerata porno o erotica. Gli utenti però l’hanno segnalata. La causa che potrebbe aver contribuito a tale reazione non riguarda solo il retaggio culturale ma anche le continue promesse pubblicitarie, quali ad esempio le distribuzioni in commercio di assorbenti interni ed esterni pronti a proteggere, nascondere e mistificare quello che Rupi Kaur definiva un fenomeno naturale simile all’azione seriale della respirazione. Quindi la nozione di corpo chiuso è promossa e considerata accettabile ancora oggi, mentre quella di corpo come veicolo di eventuali escrescenze (Bataille, 1930) diviene inaccettabile, fonte di repulsione anche in relazione ai contenuti che ospita Instagram, poiché altera la forma esteticamente accettata e accettabile del corpo conosciuto (Bachtin, 2001). Ne risulta che la censura della foto che ha scatenato poi un errore (solo successivo), è l’interruzione di una linearità nella user experience.

Le regole vere le scrivono gli utenti

L’utente è abituato a fruire di un ambiente conforme al suo retaggio e considera d’attrazione negativa il fenomeno delle mestruazioni, da secoli. Egli diventa un voyeur che guarda “da fuori” e prova una repulsione verso sé stesso fino a segnalare l’immagine.
Ne consegue che il Social Network Instagram sia abitato dagli utenti che dettano in larga misura regole e meccanismi come la censura. In questo senso il linguaggio delle immagini all’interno degli ambienti dei Social, come il linguaggio verbale prima di lui e poi quello testuale sono vittima della storia e delle abitudini mentali degli utenti, per cui la linea sottile che divide visibilità e censura la decide l’utente, che vive su Instagram e lo plasma somigliante al suo pensiero.



Bibliografia e Sitografia
 
Attimonelli C, Susca V. (2016), Pornocultura. Viaggio in fondo alla carne, Mimesis Edizioni, Milano;
Barthes R. (2003), La camera chiara, Nota sulla fotografia, Piccola Biblioteca Einaudi;
Bachtin M. (2001), L’opera di Rabelais e la cultura popolare. Riso, carnevale e festa nella tradizione medievale e rinascimentale, Biblioteca Einaudi;
Bataille G. (1930), Les écarts de la nature, Documents N.3, Dedalo, Bari 1974°;
De Cahusac L (1765), Menstrues, in Diderot D., D’Alembert J.B. (1750-1777), Project Encyclopedie de Diderot et D’Alembert online;
Instagram (2018), Community Guidelines, Centro Assistenza – Privacy e centro per la sicurezza https://help.instagram.com/477434105621119;
Dewey C., (28 marzo 2015) «Why did Instagram censor this photo of a fully clothed woman on her period?», in Washington Post. Disponibile in: https://www.washingtonpost.com/news/the-intersect/wp/2015/03/27/why-did-instagram-censor-this-photo-of-a-fully-clothed-woman-on-her-period/?utm_term=.323c54152b95;
Sanghani S., (30 marzo 2015) "Instagram deletes woman's period photos - but her response is amazing" The Telegraph. Disponibile in: https://www.telegraph.co.uk/women/life/instagram-deletes-womans-period-photos-but-her-response-is-amazing/;
Kaur R. (2015), Period. Disponibile in: https://rupikaur.com/period/;
Bianchino C. (2019), Profilo Instagram Disponibile in: https://www.instagram.com/deadly_nightshade_photomodel/?hl=it;
www.instagram.com

Commenti

  1. Certamente un articolo molto bello e significativo. Spero sia diffuso il più possibile, al fine di portare la gente a riflettere e a distinguere cosa sia osceno, cosa pornografico, cosa invece sia l'ARTE e cosa voglia significare e trasmettere. Purtroppo, l'informazione è per tutti, ma non da tutti, poiché molti si lasciano influenzare da luoghi comuni, spesso carichi di ignoranza e superficialità. Tuttavia, si può sensibilizzare la gente e penso che questo articolo punti proprio a questo, e non posso che esserne contento.

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    1. Ciao,
      grazie a te per aver letto l'articolo ed aver contribuito a generare una piccola riflessione intorno a tematiche come: l'arte, i tabù e l'informazione.
      La creazione del blog a tema Social Media ha proprio come ispirazione e obiettivo, la messa in luce di alcune dimensioni con cui ci troviamo quotidianamente in rapporto senza saperlo.
      Parlare di Social Media, in termini di visibilità e in questo caso di censura, è importante perché realizza quanto queste piattaforme parlino di noi e con la nostra lingua, e siano non solo un medium che veicola contenuti e che influenza la creazione di immaginari e identità ma anche piattaforme influenzate a loro volta dagli usi che ne facciamo di esse.

      Alessandra Alfonso

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  2. Articolo illuminante su come stanno le cose REALMENTE! La storiella di Rupi Kaur è stata molto curiosa e sopratutto emblematica di uno dei principali problemi oggi sui social: “chi stabilisci cosa”. Beh il finale di questo articolo può farvi pensare diversamente rispetto a come l’avete sempre pensata!

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    1. Ciao,
      grazie per aver letto fino infondo l'articolo.
      La storia di Rupi non è il solo caso di censura, ma forse quello che ho ritenuto più stimolante e che ha generato più velocemente dentro di me delle domande. Il caso in sé ha uno scenario di riferimento, quello di Instagram che, abitando quotidianamente, non solo mi è sembrato più familiare ma anche più intrigante.
      Il risvolto interessante probabilmente è il fatto che nell'era della riproducibilità serializzata delle immagini e del meccanismo frenetico sui social del "postare-postare-postare, altrimenti non sono visibile", in questo caso abbia generato un paradosso.
      Rupi Kaur voleva (forse) solo dare maggior visibilità ai suoi lavori e probabilmente anche i suoi coetanei hanno deciso che quei contenuti fossero fuori luogo.

      Alessandra Alfonso

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  3. mi spiace dover apprendere che l'autrice di questo articolo ha totalmente plagiato il capitolo da me scritto sull'argomento nel volume edito da Mimesis Pornocultura. Viaggio in fondo alla carne, che viene citato solo in bibliografia. cara Alessandra, come mai?

    Chiedo di conseguenza che venga eliminato immediatamente questo post o che si scriva una nota sotto il titolo che dica:
    Il seguente articolo è una parafrasi del capitolo di C. Attimonelli, presente nel volume di C. Attimonelli, V, Susca, Pornocultura. Viaggio in fondo alla carne, Mimesis 2016.

    Grazie.
    ps. la prossima volta controllate i plagi prima di pubblicare.
    Claudia Attimonelli

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