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MEME: ARCHIVIO INFINITO DI CREATIVITA’

Articolo di Benedetta Mordente In un momento storico in cui il patrimonio multimediale è il più vasto mai visto, creatività e personalizzazione rappresentano l’essenza stessa dei meme, per la possibilità che danno di rielaborare i significati un numero infinito di volte. Una prima definizione Il meme è la minima unità culturale capace di replicazione nei cervelli. È,ad esempio, una moda, uno stereotipo, un'immagine, che si propaga tra le persone attraverso la copia o l'imitazione mediante disseminazione e condivisione . Questa è almeno la definizione che troviamo su Wikipedia. Il primo ad utilizzare questo termine fu Richard Dawkins nel suo libro Il gene egoista (1974), intendendolo come l’unità base dell’evoluzione umana, così come il gene è l’unità base dell’evoluzione biologica. Chiaro è che con l’avvento di internet il termine ha cambiato significato, ma l’associazione non è sbagliata: così come il gene si diffonde attravers

Let’s the music play: la musica ai tempi dello streaming musicale


Articolo di Giada Stallone

Streaming musicale vs pirateria: chi la spunterà?

fonte: FEE.org (Foundation for Economic Communication)
In un mondo ideale si può godere del magico potere della musica senza dover ricorrere ad auricolari, casse Bluetooth e stereo, CD, licenze, case discografiche; in esso, la musica si genera dalla qualsiasi e non bisogna preoccuparsi di nient’altro se non dell’ascolto. Nel mondo reale però la musica necessita di strumenti, supporti e dinamiche utili ai fini della sua diffusione che agli occhi di molti rappresentano uno sconveniente ostacolo, oltrepassabile mediante la pratica della pirateria. Le motivazioni sociali alla base della prima era della pirateria musicale – che sì, esiste dalla notte dei tempi- sono varie: ad esempio, secondo alcuni, gli individui tendono ad empatizzare e a condividere gli stessi atteggiamenti negativi dei musicisti rock nei confronti delle case discografiche, provando ostilità rispetto l’industria musicale (Drevets, 2017); un atteggiamento propenso alla disintermediazione, alla volontà di accedere alla musica eliminando i vincoli dati dall’ intervento delle grandi industrie.
La motivazione sicuramente più incisiva alla base del download illegale è il costo: ad esempio, prima dell’introduzione dei CD nei primi anni del 2000 il prezzo di vendita di un vinile oscillava tra i 15 ed i 20 dollari e anche con l’introduzione del nuovo formato il costo è rimasto lo stesso; anche con l’avvento del digitale il valore dei tradizionali supporti non è comunque cambiato. Pertanto, i consumatori hanno dovuto investire un notevole quantitativo di denaro nell’acquisto della musica indipendentemente dal supporto sul quale essa venisse registrata e venduta. Quindi alla volontà, di cui sopra, va sommata la necessità.

Il file sharing, inteso come la pratica di condivisione di file all’interno di una rete che connette diversi host o terminali (Treccani, 2008), approda nella società nel 1993 con IUMA (Internet Underground Music Archive) una organizzazione che si proponeva di dare spazio sul web ad artisti non affermati in modo da permettere di essere conosciuti da un pubblico più vasto e di entrare a contatto con i propri fan, il tutto condito dalla voglia di allontanarsi dalla modalità di distribuzione adottata dalle case discografiche (Aldernman, 2014). Nel 1999 Napster si presentava come sistema peer-to-peer di condivisione, la rete d’eccellenza per il file sharing: nell’architettura P2P i nodi della rete, ossia gli utenti che condividono dati, sono sia client che server quindi possono sia richiedere che distribuire musica. Dopo Napster innumerevoli smanettoni del web si sono impegnati al perseguimento della stessa missione di liberalizzazione della musica mediante la creazione dei medesimi sistemi. Servizi del genere hanno ricevuto non poche sanzioni e una conseguente chiusura delle piattaforme perché accusati di violare copyright e diritti d’autore; gli utenti della rete, scontenti e amareggiati per la chiusura dei servizi e per il costo di vendita eccessivo di CD e file Mp3 su piattaforme come iTunes Store, hanno continuato a scaricare illegalmente. La rivoluzione 2.0, volta allo stroncamento della pirateria, è giunta con la nascita delle piattaforme di streaming: l’utente non ha più a disposizione un supporto fisico o un formato digitale ma la possibilità di accesso e fruizione ad un contenuto. Nello specifico, si tratta di piattaforme che prevedono la possibilità di creare una personale libreria musicale ove i brani possono essere salvati e alla quale è possibile accedere in qualsiasi momento e da qualsiasi devices. Nello specifico il colosso svedese Spotify, nato nel 2006 e rilasciato ufficialmente nel 2008, offre la possibilità di usufruire del servizio gratuitamente – freemium - o pagando un abbonamento mensile irrisorio – premium - che permette non solo di skippare le noiosissime pubblicità ma anche di ascoltare la musica senza l’utilizzo di una connessione. È possibile sostenere che le piattaforme di streaming musicale abbiano rispettato le rispettive mission di abolizione o riduzione della pratica del download illegale e per dimostrare ciò basta prendere in considerazione alcuni dati; l’IFPI (Federazione Internazionale dell’Industria Fonografica) ha analizzato le modalità di fruizione dei contenuti musicali da parte dei consumatori di età compresa tra i 16 e i 64 anni su un campione di 19,000 partecipanti provenienti da 18 paesi differenti: nel 2018 circa l’86% dei consumatori ha ascoltato musica su piattaforme legali di streaming e di questi il 75% ha utilizzato degli smartphone per farlo; il 50% degli utenti tra i 16 ed i 24 anni ha affermato che sceglierebbe di ascoltare musica in streaming solo se questo fosse l’unico modo per farlo, di conseguenza si stima che il 38% dei consumatori ha messo in atto pratiche illegali per scaricare ed ascoltare la musica. Di questi utenti, il 32% ha scaricato in stream ripping ossia scaricando sul proprio computer file musicali che dovrebbero essere disponibili solo in streaming (nella pratica esistono servizi gratuiti che permettono gratuitamente una conversione da video a formato audio Mp3 inserendo semplicemente l’indirizzo web), il 23% ha utilizzato piattaforme P2P ed il 17% ha eseguito una ricerca sul browser sui possibili servizi di download illegali. Per quanto la percentuale di pirati del web possa sembrare ancora alta è da riconoscere un decremento del fenomeno.

Music sharing as social networking opportunity : l’evoluzione delle interazioni sociali dal P2P alle piattaforme di streaming legale


Gli utenti interagiscono ed instaurano relazioni virtuali sin dai primordi del file sharing. Giesler e Pohlmann (2003) hanno studiato le modalità di interazione, scaturita da uno scambio di file, insite in Napster: il fondamento sociologico alla base del file sharing è una forma di solidarietà sociale basato su un insieme strutturato di scambio di doni. L’azione del donare, come fondamento delle interazioni su Napster, può essere spiegata mediante quattro differenti metafore: donare come realizzazione di obiettivi personali (“for myself and the song”) situazione nella quale l’utente trae un vantaggio funzionale strettamente individualistico dal servizio; donare come purificazione quindi si intende il volontario boicottaggio dell’industria musicale e dell’azione dei mass media sulla musica; donare come partecipazione, ossia la volontà di prendere parte ed integrarsi in una comunità; infine la metafora del donare come rinnovamento intende sottolineare l’importanza di Napster “come luogo di cambiamento sociale attuato in comune” (Giesler e Pohlmann).

Interessante è l’impatto che lo streaming musicale ha avuto sull’evoluzione delle interazioni tra gli utenti del web: le piattaforme di streaming diventano social. Su Spotify gli utenti possono anzitutto creare una propria pagina personale corredata da foto profilo, nickname e riferimenti personali- oltre ad avere la possibilità di condividere nuovamente su altre piattaforme come Facebook - e cercare i propri amici per inserirli nella lista di followers, quindi monitorare in itinere cosa stanno ascoltando; allo stesso modo è possibile imbattersi nel profilo di persone sconosciute ed aggiungerle alla propria lista di contatti. “La sfera dell’appropriazione delle tecnologie (utili alla fruizione di contenuti musicali) rappresenta pertanto uno spazio di interazione nel quale non solamente si consolidano o ridefiniscono le pratiche musicali, ma si trasformano anche le identità e le opportunità relazionali degli individui coinvolti in tali pratiche. […] le caratteristiche delle nuove tecnologie produrrebbero effetti diretti sulle relazioni sociali e sulle pratiche degli individui. […] le tecnologie non costituiscono solamente degli oggetti esterni alle relazioni sociali che influiscono sulle azioni degli individui, ma rappresentano un vero e proprio processo sociale, culturale e materiale” (Magaudda, 2008). La condivisione e la fruizione dei contenuti rappresenta il mezzo per perseguire l’ambiziosa nascita di una community consistente ed - in termini baumaniani - liquida. Rispetto alle interazioni che gli utenti instauravano su Napster, quindi, ora gli utenti sono interconnessi non per ricevere o dare ma per conoscersi reciprocamente, farsi conoscere e conoscere musica. “La partecipazione […] degli utenti alle attività di social sharing è legata al fatto che queste vengono percepite come un atto dotato di un valore culturale sociale. Il punto di partenza è che lo sharing è un atto di condivisione. Un’azione che appartiene all’attività umana e alla sfera delle relazioni sociali anche indipendentemente dall’esistenza e dall’uso dei social media.” (Vittadini, 2018) La condivisione di materiale creativo favorisce l’interazione tra gli utenti e la possibilità di scoprire contenuti dei quali non si sarebbe venuti a conoscenza altrimenti: ecco che la musica di nicchia diventa pasto caldo per gli amanti dei contenuti creativi. In questa dimensione sociale dello streaming musicale alcuni utenti vedono il proprio profilo come mezzo per l’autorappresentazione e per l’interazione con altri utenti mentre altri avvertono la necessità di preservare la propria privacy e conseguentemente di preferire un tipo di interazione faccia a faccia. “Gli utenti hanno sviluppato diverse pratiche per fare fronte a questo conflitto: mentre gli utenti che condividono la propria timeline di ascolto agiscono come una sorta di “missionari musicali” e vedono l’interazione come un catalizzatore per l’imminente interazione sociale […] altri non condividono affatto le proprie preferenze musicali perché considerano questo atto come qualcosa di estremamente personale e preferiscono una interazione tradizionale face-to-face” (Anbhul, 2018). Piattaforme di video and music sharing come YouTube consentono ulteriori opportunità di interazione, un pratico esempio di ciò è dato dalla possibilità di confronto diretto attraverso i commenti sottostanti i video musicali: spesso disabilitati con lo scopo di evitare dibattiti troppo accesi tra gli users, rappresentano un importante strumento utile allo scambio di informazioni, aneddoti, news o semplici pareri non esplicate da coloro che hanno condiviso in rete il contenuto. Le piattaforme di streaming musicale permettono, inoltre, ad artisti e alle case di produzione di rendersi noti al pubblico e di immettersi nel mercato musicale ma soprattutto di comprendere i gusti ed i pareri dei fans grazie a feedback diretti.

In conclusione…

… E’ possibile affermare che le piattaforme di streaming musicale siano riuscite ad arginare -almeno in parte- il fenomeno della pirateria ed a facilitare la fruizione di contenuti: la facilità di fruizione può essere una causa diretta del decremento delle pirateria stessa; a rendere possibile l’evoluzione dell’interazione tra gli amanti della musica nonché la possibilità di presentarsi come attori sociali sul web tramite una propria vetrina personalizzabile; a creare rapporti diretti tra gli artisti ed i propri fans ma soprattutto a diffondere contenuti musicali indipendenti o di nicchia.
Dalla sanguinosa arena del #processoaisocial lo streaming musicale ne esce sicuramente vincitore. 


Bibliografia e sitografia

  • Alderman John (2001), Sonic Boom: Napster, Mp3 and the new Pioneers of Music. Foreword by Evan I.Schwartz; preface by Herbie Hancock. New York: Basic Books.
  • J.K. Drevets, (2017), Spotify, Piracy and Patronage: How Consumers Make Decisions Regarding Musical Consumption in the Streaming Age. University Honors Theses, Paper 427.
  • Paolo Magaudda (2008), Pratiche sociali e tecnologie quotidiane, gli aspetti simbolici, cognitivi e pragmatici nell’appropriazione della musica digitale. “Rassegna Italiana di Sociologia, Rivista trimestrale fondata da Camillo Pellizzi” 4/2008, pp. 579-606.
  • Dragana Pavlovic, Neven Obradovic (The 11 International Scientific Conference eLearning and Softweare for Education, Bucharest 2015), Youtube as a Resource for Continuous Education of Journalism Students. Faculty of Philosofy, University of Nis, Cirila I Metodija 2, Nis, Serbia.
  • Caroline Anbuhl (2018), Social and Cultural Practices around Using the Music Streaming Provider Spotify – A qualitative study exploring how German Millennials use Spotify. Malmo University.
  • Gianni Sibilla (2008), Musica e media digitali – tecnologie, linguaggi e forme sociali dei suoni, dal walkman all’Ipod. Bompiani editori.
  • Ludovico De Bonis (2015), Le due Realtà parallele della musica: l’analogico e il digitale. da H-ermes Journal of Communication 5, pp.147-168.
  • Markus Giesler, Mali Pohlmann (2003), The Anthropology of File Sharing: Consuming Napster As a Gift in NA- Advances in Consumer Research Volume 30, eds. Punam Anand Keller and Dennis W. Rook, Valdosta, GA: Association for Consumer Research, pp. 273-279.
  • Bjorn R.Wikhamn, David Knights (2016), Associations of Disruptiveness- The Pirate Bay vs. Spotify. Journal of Technology Management and Innovation Vol.11, Issue 3, Universidad A.Hurtado, Facultad de Economia y Negocios.

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