Articolo di Lorenzo Venturini
Una madre e un padre che, dopo la cena, si accomodavano sul divano in attesa di Studio Uno. Un figlio che andava al letto una volta terminato Carosello. Un piccolo schermo che trasmetteva immagini in bianco e nero, capace di catalizzare l’attenzione di un intero nucleo famigliare che osservava il tutto con occhi colmi di stupore.
Erano i telespettatori degli anni sessanta, che avevano accolto la televisione nelle loro case per godersi i contenuti proposti dalla Rai. Un mezzo di comunicazione inedito per l’epoca, che univa il vantaggio sonoro a quello visivo, che aveva sottratto alla radio il ruolo di focolare domestico per intere famiglie, ma non era ancora in grado di coinvolgerle durante la visione dei contenuti (Monteleone, 2012).
Poi, la tv ha iniziato a viaggiare, portandosi dietro critiche, elogi e innovazioni che hanno attraversato decenni, fino a raggiungere un presente dove le parole chiave da scrutare nel panorama televisivo risultano essere due: convergenza e interazione.
Un piccolo-secondo schermo
Lo spettatore di oggi, infatti, si poggia sul sofà esattamente come lo spettatore di sessant’anni fa. Le differenze? Se addosso ha un plaid per ripararsi dal freddo e sul tavolo qualcosa da bere davanti alla tv, può allo stesso tempo tenere tra le mani uno smartphone o un tablet, attraverso cui commentare il contenuto che sta guardando su Twitter o su Facebook.
Ma cosa ha spinto gli individui ad utilizzare una molteplicità di schermi? Un’ evoluzione tecnologica che ha fatto maturare l’idea di una televisione convergente, paragonabile ad un grande albero dove i numerosi rami rappresentano le diverse piattaforme che permettono al contenuto di tv di raggiungere una platea sempre più ampia di spettatori (Grasso A. & Scaglioni M., 2012).
Tale platea si sente così più coinvolta nell’attività di fruizione del contenuto televisivo che può essere sfruttato attraverso i tasti di un telecomando e il touchscreen di uno smartphone, dove i social network forniscono la possibilità di interagire con ciò che si sta guardando sul piccolo schermo. Attualmente, i protagonisti e i momenti salienti delle trasmissioni vengono infatti rinchiusi negli hashtag che caratterizzano i celebri trending topic di Twitter o nei commenti al di sotto dei post di Facebook e Instagram. Un’ ibridazione tra social e tv talmente potente e concreta da far rilasciare dati degni di nota: oltre 220 milioni di interazioni tra social network e televisione riscontrate nel 2017 (Piccoli, 2018), oltre 109 milioni di interazioni nei primi due mesi del 2018 (Nielsen.com, 2018 ).
Numeri che forniscono la certezza di un fenomeno in costante crescita e attestano lo sviluppo di una “connected television”, la quale non è più isolata in un piccolo angolo del vasto paesaggio mediale ma risulta accerchiata dagli altri schermi che si legano a lei, formando un unico, interattivo intreccio.
È così che ha preso sempre più piede la pratica del Second Screen ( lo schermo alternativo alla tv), a cui lo spettatore 2.0 sembra sempre più abituato.
Ma l’interazione tra individui e programmi televisivi è realmente aumentata grazie ai social? Il second screen ha contribuito alla nascita di un’audience maggiormente partecipativa rispetto al passato? Gli strumenti che potrebbero fornire risposte adeguate ai quesiti sono gli stessi che rappresentano il cuore della social tv: gli hashtag e le “domande social”.
#Interazione
Gli hashtag utilizzati di giorno in giorno sono circa 125 milioni (Redazione Repubblica.it, 2015).
#XFactor, #Dimartedì, #Chetempochefa basta un cancelletto posto accanto al titolo di una trasmissione per far sì che questa esca dalla scatola televisiva e penetri nei meandri di Facebook, Instagram e Twitter. È ormai una prassi consolidata: guardare il programma preferito e commentarlo contemporaneamente sui social, utilizzando gli hashtag di riferimento. Una valutazione positiva o negativa riguardo al contenuto tv, un ricordo, un commento sui look dei vari personaggi presenti in studio da incastrare nei 140 caratteri di Twitter o nei commenti di Facebook.
C’è chi, tra i vari utenti, lo fa per conquistare like o visibilità e chi invece utilizza lo schermo secondario dei social per entrare in contatto con altri spettatori, sparsi in altri angoli d’Italia, che rispondono ai tweet, generando così interazioni e discussioni.
Interazione tra utenti durante il live twitting di #XF12
Agli hashtag identificativi dei vari programmi, si accostano poi gli hashtag lanciati duranti la diretta dai conduttori o dagli stessi utenti del web, attenti ad ogni momento della trasmissione che può avere risalto anche sui social e diventare virale in poco tempo. Al racconto televisivo condotto dai volti della tv si accosta così il racconto degli spettatori sui social network. Agli attimi più emozionanti dei programmi viene data un’impronta social tramite i celebri hashtag che garantiscono maggiore visibilità ai protagonisti del video ma anche maggiore coinvolgimento a coloro che li stanno guardando da casa, i quali possono esternare opinioni o commenti con ampia libertà (lasciando però da parte insulti e pareri eccessivamente critici, capaci di trasformare l’audience multiscreen in un branco di haters).
Dalle telefonate alle "domande social"
Chi non ricorda invece le telefonate in diretta televisiva? Se nel 1983 molti telespettatori erano eccitati dall’idea di alzare la cornetta per parlare direttamente con Raffaella Carrà in “Pronto, Raffaella?”, gli utenti di oggi hanno la possibilità di sostituire la tastiera del telefono fisso con quella dello smartphone. Si desidera interagire con gli stessi protagonisti delle trasmissioni? Attualmente, si può fare, e sempre tramite loro: i social.
Basta soffermarsi su TvTalk, un programma in onda ogni sabato su Rai 3, dove vengono analizzati i fatti che hanno maggiormente attirato l’attenzione di pubblico e critica durante la settimana televisiva. Molti conduttori vengono invitati in questo salotto dove la tv diventa oggetto di chiacchiera e studio, e ad essi i telespettatori possono porre delle domande utilizzando le pagine social di TvTalk. Si dà così vita ad un’inedita forma d’ interazione con tre possibili vantaggi: soddisfare la sete di curiosità degli spettatori, rendere più attivo il loro ruolo e superare la classica idea della telefonata in diretta, optando invece per un quesito da sottoporre ai personaggi televisivi attraverso Instagram, Facebook o Twitter, i nuovi “vicini di casa” del piccolo schermo alla cui porta gli hashtag e le “domande social” bussano spesso, ricevendo un’adeguata ospitalità.
Una tv "sempre più social"
In secondo luogo, la pratica del second screen non risulta utile esclusivamente ai fruitori, ma anche ai produttori di contenuti televisivi, che costruendo le puntate delle varie trasmissioni dietro le telecamere e dietro le scrivanie hanno la possibilità di capire se il loro prodotto è stato gradito o meno. In che modo? Tramite la “sentiment analysis”, una traduzione di emozioni e sensazioni umane espresse dagli spettatori attraverso conversazioni o commenti sul web e sui social. D’altronde, la legge del piccolo schermo è la stessa che regola ristoranti e locali pubblici: il cliente, o meglio il telespettatore, ha sempre ragione e può esprimere liberamente i propri pareri personali soprattutto sulle piattaforme social.
Viviamo nell’epoca di Bandersnatch, l’episodio della serie Black Mirror dove il finale è scelto dagli stessi spettatori (Ravarino, 2018), viviamo nell’epoca delle interazioni su Twitter o su Facebook che gli individui producono mentre stanno guardando il loro programma preferito, viviamo nell’epoca in cui il piccolo schermo si accende davanti ad un’audience sempre più attiva.
Hashtag, domande e commenti sui social network rappresentano così gli strumenti adatti a fornire un soddisfacente ritratto della tv di oggi: una tv sempre più social, o meglio, un’esperienza di consumo sempre più socialmente condivisa (Marinelli A. & Celata G. 2012).
L’evoluzione tecnologica ha quindi mutato solo in parte il contesto di fruizione. Se negli anni 60 la tv si guardava spesso in collettività all’interno di bar e ristoranti, nel 2019 lo spettatore è apparentemente solo e statico dinanzi alla televisione: assieme a lui, sono presenti lo smartphone o qualsiasi altro schermo secondario, con cui può commentare i contenuti tv sul web, e gli altri spettatori, con i quali può entrare in contatto tra un hashtag e l’altro.
Approfondiamo insieme!
Per avvalorare ancor di più la tesi del second screen e dell’interazione tra individui, social network e contenuti televisivi, abbiamo creato un piccolo test che ha riscontrato interessanti risultati:
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Bibliografia
Marinelli, A., Celata, G. (cur.). (2012). Connecting Television, la televisione al tempo di internet. MIlano: Guerini e Associati
Grasso, A., Scaglioni, M (cur.). (2010). Televisione convergente, la tv oltre il piccolo schermo. Cologno Monzese, MI: RTI – Link, idee per la televisione
Monteleone, F., (2006). Storia della radio e della televisione in Italia, costume, società e politica. Venezia: Marsilio Editori
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