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MEME: ARCHIVIO INFINITO DI CREATIVITA’

Articolo di Benedetta Mordente In un momento storico in cui il patrimonio multimediale è il più vasto mai visto, creatività e personalizzazione rappresentano l’essenza stessa dei meme, per la possibilità che danno di rielaborare i significati un numero infinito di volte. Una prima definizione Il meme è la minima unità culturale capace di replicazione nei cervelli. È,ad esempio, una moda, uno stereotipo, un'immagine, che si propaga tra le persone attraverso la copia o l'imitazione mediante disseminazione e condivisione . Questa è almeno la definizione che troviamo su Wikipedia. Il primo ad utilizzare questo termine fu Richard Dawkins nel suo libro Il gene egoista (1974), intendendolo come l’unità base dell’evoluzione umana, così come il gene è l’unità base dell’evoluzione biologica. Chiaro è che con l’avvento di internet il termine ha cambiato significato, ma l’associazione non è sbagliata: così come il gene si diffonde attravers

SOCIAL NETWORK E AUTISMO: UNA COMBINAZIONE POSSIBILE

Articolo di Irene Facchini 

Si sente spesso parlare di vicende in cui i social network hanno dato spazio a comportamenti violenti, o addirittura discriminatori, nei confronti di persone con forti disabilità. Si tende, quindi, a pensare a questi soggetti come persone deboli che devono essere difese dai rischi del web. In realtà, i continui sviluppi delle tecnologie digitali stanno notevolmente migliorando la vita delle persone con disabilità cognitive e relazionali, come l’autismo

Cos'è l'autismo?

Prima di capire gli effetti che i social network hanno avuto su questa tipologia di soggetti, è bene sottolineare alcune caratteristiche dell’autismo. Quest’ultimo, o meglio definiti disturbi dello spettro autistico, è una sindrome comportamentale causata da un disordine dello sviluppo biologicamente determinato, con esordio nei primi tre anni di vita (Baird et al., 2003; Berney, 2000; Szatmari, 2003), che coinvolge principalmente tre macro aree: l’interazione sociale, la comunicazione verbale e non e la ripetitività nelle azioni.
L’autismo è stato descritto per la prima volta da Leo Kanner nel 1943, osservando come un gruppo di undici bambini manifestassero tutti una caratteristica comune: la chiusura in sé stessi. Sono passati più di sessant’anni da quella data ma ancora oggi ci sono molte incertezze sulle cause del disturbo. Alcuni sostengono che i disturbi legati all’autismo sarebbero causati da una ipoattivazione dei neuroni specchio (Keller, Bugiani, Fanti, Pirfo, 2011), che sottostanno le interazioni sociali. Secondo la “teoria degli specchi infranti” (Ramachandran, Oberman, 2006), infatti, i pazienti autistici, per una disfunzione legata ai neuroni a specchio non sarebbero in grado di rivivere in loro stessi gli stati mentali altrui.

Social Network: opportunità o minaccia?

Una delle problematiche principali che riguarda le persone affette da questo disturbo, concerne la difficoltà nel produrre un linguaggio verbale. Questo significa che una semplice conversazione face to face con un amico, diventa un grande ostacolo. Ovviamente, questa situazione comporta un isolamento delle persone autistiche, che non sono in grado di comprendere il mondo esterno e di stabilire delle relazioni significative. 
In una comunicazione scritta, come quella dei social network, si perdono tutti gli elementi della comunicazione non verbale, come il tono della voce, la distanza tra i due soggetti, il contatto oculare, la gestualità o le pause. La mancanza di questi elementi lo porta verso un dialogo meno standardizzato ma più vivace e naturale con gli altri.

Nelle comunicazioni sincrone, come le chat testuali piuttosto che i sistemi di instant messaging, si tende a dare importanza al contenuto del messaggio invece che alle modalità comunicative. L’abolizione di questi limiti, quindi, porta le persone autistiche a comunicare alla pari degli altri, con il resto del mondo.

[…] molte persone autistiche che non sono in grado di sostenere una conversazione corrente, attraverso gli strumenti di interazione sociale in rete hanno acquisito una voce propria, possono esprimersi compiutamente”.  (BuonGiovanni A.M., 2010)

Grazie ai Social Network o alla tastiera di un computer, molte persone che prima non potevano comunicare; oggi sono in grado di esprimere la loro visione del mondo, farsi conoscere e farci sapere le loro esigenze. I social network costituiscono una fonte di grande novità per questa tipologia di persone. Innanzitutto perché il soggetto autistico non risente, nella comunicazione virtuale, delle proprie disabilità, cosa che invece riscontra in una conversazione face to face. In secondo luogo, i social network costituiscono per loro un’opportunità per allargare i loro orizzonti sociali, non limitandosi a parlare con i propri familiari o persone che si trovano nella loro cerchia sociale. Negli ultimi anni si è verificato un costante aumento di casi con disturbo dello spettro autistico. I dati recenti riportano un’incidenza di autismo pari a circa un caso su 80 soggetti. Un dato in forte contrasto con la concezione che per lungo tempo l’ha considerato come un disturbo raro (Cottini e Vivanti, 2013). 




In Italia sono circa 80.000 i ragazzi, di età compresa tra i 13 e i 24 anni (https://www.youtube.com/watch?v=Qhsh0RP5u8E2016), con bisogni educativi speciali, che non hanno il supporto individuale e l’orientamento all’uso di una qualsiasi piattaforma sociale per socializzare e costruire relazioni. Hanno bisogno di protezione, per poter iniziare a utilizzare il web, e il suo potenziale, senza rischi; hanno bisogno di relazioni sociali significative e di potenziare la loro esperienza di vita.

Mindbook: una possibilità per socializzare

Se fino a qualche anno fa, Internet era difficilmente accessibile, ora, grazie alla collaborazione tra l’Università di Parma e la cooperativa sociale Tice di Piacenza. A questo proposito, è stata ideata una piattaforma che permette loro di socializzare: Mindbook, un temporary social network per ragazzi con bisogni educativi speciali. 


Come sostiene il presidente della cooperativa Tice, Francesca Cavallini: 

l’obiettivo è quello di far crescere le opportunità di socializzazione per gli adolescenti con autismo nel mondo reale e in quello virtuale attraverso Mindbook, una rivoluzionaria app che consentirà ai ragazzi e alle famiglie di ragazzi con disabilità di fare rete in un ambiente protetto”. 

Il meccanismo che sta dietro a questa applicazione è simile a quello di un qualsiasi social network: si crea un profilo, si forma una community di amici e si inizia a comunicare. 

È un modo” spiega Francesca Cavallini “per mettere la tecnologia al servizio dell’educazione, favorendo al contempo l’integrazione e la socializzazione tra ragazzi autistici”.
Per l’iscrizione al social, la famiglia del ragazzo autistico si rivolge ad uno specialista, che compila un questionario e una check list di osservazioni sulle competenze del ragazzo (se sa leggere, scrivere ecc.), creando, in questo modo, il profilo utente. Mindbook si struttura su tre livelli:


Basic: per ragazzi minori di 16 anni o con gravi disabilità. Costituisce l’interfaccia in cui, principalmente, le famiglie dei ragazzi con disabilità possono condividere bisogni simili, per “creare opportunità di sviluppo dei servizi territoriali, formulare richieste alle pubbliche amministrazioni, e a mettere in rete le proprie esigenze” (Cavallini F.); 

Friend: ha lo scopo di insegnare ai ragazzi l’utilizzo di un social network, i quali devono superare alcune prove: come reagire in modo appropriato ad un tentativo di adescamento, rifiutare amicizie di persone non conosciute ecc. In questo livello, l’obiettivo è sviluppare delle relazioni amicali nel mondo virtuale. Superata questa fase, l’utente passa al livello successivo;


Intimity: riservato ai maggiori di 16 anni e con lievi disabilità. Se nei due livelli precedenti, il ragazzo autistico era costantemente supervisionato da un professionista; nel livello intimity, è completamente autonomo e può accedervi direttamente dal cellulare. Il meccanismo è molto simile a Facebook, in cui i ragazzi possono condividere contenuti, avere conversazioni private e programmare uscite. 

L’abbonamento a Mindbook dura tre anni, entro i quali l’utente potrà accedere a Facebook con un gruppo di amici e le competenze adeguate. Inoltre, Mindbook insegna il tempo dei social; poiché la piattaforma è attiva esclusivamente dalle 14 alle 21.
Come specificato anche dal presidente dell’associazione Tice: 

non è un social per soli disabili, ma un passaggio intermedio che permette loro di socializzare in sicurezza. Spesso chi ha una disabilità psichica ha problemi a farlo e incontra difficoltà anche a confrontarsi con la tecnologia: noi crediamo che sia importante, invece, insegnare loro l’utilizzo di questi strumenti, purché ciò avvenga senza pericoli”.

I social network sono diventati, quindi, dei luoghi dove le persone autistiche possono scambiare le loro esperienze e avviare quel processo di socializzazione, dal quale erano stati esclusi fino a qualche anno fa, ma che ha permesso loro di comunicare con l’esterno e crearsi una propria community di amici.




Bibliografia

Pizzamiglio M.R., Piccardi L., Zotti A. (2007). Lo spettro autistico. Definizione, valutazione e riabilitazione in neuropsicologia. Milano: FrancoAngeli.
Pontis M. (2014). Autismo e bisogni educativi speciali. Milano: FrancoAngeli.


Sitografia




Videografia

Puntata de “Le Iene”, 24/10/2017, “Ci vorrebbe un amico”, https://www.iene.mediaset.it/video/golia-autismo-ci-vorrebbe-un-amico_64611.shtml


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