Articolo di Laura Marta Di Gangi
Revenge Porn: di cosa si
tratta?
Molto spesso accade che nel momento in cui una
relazione finisce, che possa essere di tipo sentimentale o esclusivamente
sessuale, ci si porti dietro dei ricordi, più o meno brutti, ma ci sono volte
in cui tali ricordi influiscono talmente negativamente nei confronti di una
delle due parti da rovinargli la vita.
Questo accade quando si attua il
Revenge Porn: una forma di stalking tecnologico, che attraverso
internet e le piattaforme social contribuisce alla diffusione di materiale
pornografico per umiliare la persona con la quale si è avuta una relazione,
così da rovinarle la vita.
Chi decide di vendicarsi in tale
modo è ovviamente una persona psicologicamente disturbata che vede nel postare
foto o video hard dell’ex l’unico modo per vendicarsi del torto subito. Molto
spesso accade anche che il vendicatore decida di allegare, alle immagini o foto
postate, il numero telefonico, l’indirizzo di casa o il nome del profilo
Facebook della vittima, così da renderla più rintracciabile.
Nelle vittime si scatena così un
forte senso di umiliazione e imbarazzo per l’esposizione pubblica subita
contro il proprio consenso, oltre l’insicurezza e i dubbi che la pervadono nel
momento in cui inizia a relazionarsi con qualcun altro, non riuscendo a fare a
meno di chiedersi se quella persona sia a conoscenza del materiale che circola
su di lei.
Per quanto concerne il materiale
che il vendicatore decide di pubblicare, esso può essere stato filmato o scattato
con il consenso della vittima, ad esempio durante la relazione che c’era
fra i due, oppure può essere stato ripreso con l’inganno, di nascosto dalla
vittima, o può accadere talvolta che siano degli hacker che, intrufolandosi nei
dispositivi delle persone, riescano a entrare in possesso di certo materiale.
Tutto ciò accadeva purtroppo
anche prima dell’arrivo di Internet ma riusciva a lasciare comunque alle
vittime un margine di diffusione piuttosto limitato perché il vendicatore
poteva diffondere la notizia tramite lettere, pettegolezzi, maldicenze e la
vittima poteva uscirne cambiando città, comitiva, lavoro, perché il tutto
rimaneva all’interno di una cerchia ristretta. Il problema di oggi è che l’avvento
di Internet non rende facile cancellare il passato: tutto ciò che viene
postato e condiviso in rete è di dominio pubblico, e anche quando si riuscisse
a far cancellare testi o immagini che violino la privacy, tale cancellazione
avverrebbe solo dopo la diffusione del materiale, dunque troppo tardi per la
vittima.
Tale attacco non fa altro che
provocare nelle vittime un senso di impotenza, depressione, sfiducia, che le
porta a pensare che l’unica via di uscita sia il suicidio anche perché, ad esempio,
alcuni fatti di cronaca ci riportano a casi in cui le vittime, dopo tutto ciò,
abbiano perso il proprio lavoro o siano state allontanate da amici e
conoscenti, come se fossero state loro stesse a ricercare un qualche tipo di
notorietà pubblicando materiale pornografico personale.
Il modo in cui gli stati
stanno lavorando per bloccarlo:
Diversi sono gli Stati in cui si
sta diffondendo il Revenge porn ed alcuni governi stanno approvando leggi
capaci di punire tutti coloro che lo praticano.
Da varie analisi statistiche è
risultato come le maggiori vittime siano le donne, quasi il 60-70 %, mentre gli
uomini in quantità minori, specialmente se omosessuali.
Negli stati
uniti sono presenti vari siti che parlano di revenge porn: uno di questi è IsAnybodyDown.com, sito in cui sono state pubblicate e rese disponibili a tutti
immagini private di varie donne. Il fine ultimo di questo sito non consisteva
nel pagare e rivendere i filmati ma stava nell’estorcere direttamente alle
vittime del denaro: solo così il materiale compromettente sarebbe stato
cancellato.
Il proprietario del sito, nonostante
ciò, è stato condannato con una semplice ammonizione: non gli sarà più
possibile pubblicare foto compromettenti senza il consenso delle persone ritratte,
altrimenti sarà multato di 16 mila dollari per ogni giorno in cui commetterà
una violazione.
Dietro i siti di Revenge porn si celano
spesso uomini giovani che si difendono affermando che le vittime “se la
sono cercata”, avendo acconsentito alla ripresa delle immagini o alla
proposta sessuale.
In America sono stati
riscontrati due problemi: dapprima è stato notato che alcuni di questi siti,
nel momento in cui ricevevano le denunce delle vittime, prima di cancellare le
immagini le inoltravano ad altri siti collegati che si trovavano in Stati
differenti spesso sprovvisti di una legislazione intenzionata a contrastare il
fenomeno del Revenge porn; mentre il secondo problema è che i gestori dei siti
sono tutti giovani che non hanno nulla da perdere e da cui non è possibile
ottenere alcun tipo di risarcimento.
In stati come la California nel 2013 è stata
approvata una legge che condanna tutti coloro i quali attuano tale vendetta;
una legge altamente restrittiva è stata adottata anche nel New Jersey.
In Italia purtroppo non è presente ancora nessuna legge che possa bloccare tale
fenomeno o punire chi lo compie, ma è in atto una petizione ad opera di Silvia
Semenzin, una dottoranda in Digital Sociology, lanciata su change.org, in
cui chiede alle istituzioni italiane una legge che possa fermare il Revenge
porn. Nel mese di novembre dello scorso anno è stata firmata la petizione anche
dall’ex Presidente della Camera Laura Boldrini, che ha da subito accolto
la richiesta di Silvia, che nel giro di poche ore aveva già raccolto migliaia
di firme. La stessa Silvia Semenzin afferma: “Sono stata testimone di
tanti abusi sulle donne. Credo che il mio volto sia il volto di tutte le
ragazze che hanno subito violenze online: credo che il Revenge porn non sia
semplicemente la pubblicazione di un filmino erotico alla fine di una relazione,
ma assume forme molto più subdole e normalizzate. Spesso la vittima non lo
viene nemmeno a sapere: a volte viene ripresa di nascosto per essere condivisa
in chat goliardiche di ragazzi che sono degradanti”, continua dicendo
anche che la legge dovrebbe basarsi su tre punti cardini: “Innanzitutto, la
punizione penale di chi diffonde video di terzi senza consenso, poi la
cancellazione immediata e il diritto all’oblio della vittima, infine il
supporto psicologico alle vittime per evitare che queste ultime si possano
chiudere nel silenzio”.
E i
social come reagiscono?
La piattaforma social Facebook ha trovato un metodo
per combattere il revenge porn sviluppando, in accordo con il governo
australiano per la cyber security, un sistema che possa riconoscere ed
eliminare qualsiasi materiale di revenge porn. Tale programma, anche se
inizialmente non ha riscontrato molti pareri favorevoli, col tempo è riuscito
ad ottenere l’appoggio di stati come l’Australia, gli Stati Uniti e il Canada. Per
far ciò è necessario però che l’utente invii il materiale compromettente prima
che venga postato dal vendicatore.
Ma come funziona? Per prima cosa
gli utenti dovranno compilare un questionario sulla sicurezza online, dopodiché
dovranno inoltrare le proprie foto in modo tale che il sistema ottenga
una sorta di impronta digitale, chiamato “hash”, che consente di individuare in
rete il contenuto privato e di cancellarlo se venisse pubblicato. Tale processo
non esclude il fatto che possano esserci comunque dei rischi.
Per applicare tale processo è
necessario che la vittima possegga il materiale e che non siano applicati
ritocchi sull’immagine pubblicata perché sarebbe difficile per il software
riconoscerla e bloccarla.
Gli utenti dovranno pubblicare le loro
immagini in maniera sicura attraverso un link usa e getta, queste verranno poi
visionate da una squadra di moderatori che andranno a confermare che eventuali
contenuti cercati violino le norme della piattaforma e rientrino nella classifica
delle immagini intime non consensuali.
Inoltre gli operatori del social
network spiegano che, una volta create le stringhe numeriche associate alle
foto, notificheranno via mail alla vittima eventuali caricamenti ed elimineranno
dai loro server le immagini in meno di una settimana. La cosa si ripeterà ogni
qualvolta la foto verrà rilanciata su Facebook, Messenger o Instagram.
Anche se tale processo può sembrare
strano poiché necessita della condivisione volontaria del materiale intimo
con degli sconosciuti, la ricerca tecnologica di Facebook sembra essere al
momento il modo migliore per evitare la diffusione a macchia d’olio del revenge
porn e di tutti quegli abusi che si commettono guardando materiale pornografico
pubblicato senza il consenso dei protagonisti.
Sitografia
https://www.dailybest.it/social-network/facebook-foto-nude-revenge-porn-sesso-molestie/
Commenti
Posta un commento