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MEME: ARCHIVIO INFINITO DI CREATIVITA’

Articolo di Benedetta Mordente In un momento storico in cui il patrimonio multimediale è il più vasto mai visto, creatività e personalizzazione rappresentano l’essenza stessa dei meme, per la possibilità che danno di rielaborare i significati un numero infinito di volte. Una prima definizione Il meme è la minima unità culturale capace di replicazione nei cervelli. È,ad esempio, una moda, uno stereotipo, un'immagine, che si propaga tra le persone attraverso la copia o l'imitazione mediante disseminazione e condivisione . Questa è almeno la definizione che troviamo su Wikipedia. Il primo ad utilizzare questo termine fu Richard Dawkins nel suo libro Il gene egoista (1974), intendendolo come l’unità base dell’evoluzione umana, così come il gene è l’unità base dell’evoluzione biologica. Chiaro è che con l’avvento di internet il termine ha cambiato significato, ma l’associazione non è sbagliata: così come il gene si diffonde attravers...

AUMENTO DELLA DEPRESSIONE GIOVANILE: CAUSA (IN)DIRETTA DELL’USO DEI SOCIAL

Articolo di Chiara Bucci


SOCIAL: NUOVO MODO DI VIVERE
 
«I nati dal 1995 in poi sono praticamente cresciuti con il cellulare in mano, sono su instagram da quando andavano alle medie e non hanno ricordi di un mondo senza internet», scrive la professoressa Jean M. Twenge, docente di psicologia della San Diego State University, nella prefazione del suo libro Iperconnessi: perché i ragazzi oggi crescono meno ribelli, più tolleranti, meno felici e del tutto impreparati a diventare adulti (2017).
Questa generazione, successiva ai millennial e conosciuta ai più come generazione Z, dalla Twenge viene definita con il nome di iGen.
Gli iGen, analizzati dalla Twenge, sono una generazione che ha passato l’infanzia e l’adolescenza con i social. Come ha reso noto l’autrice, grazie al Monitoring the Future che ha preso in esame un gruppo di ragazzi di età fra i 13 e i 18 anni, si nota come tra il 2008 e il 2015, i social media sono passati dall’essere un’attività quotidiana per metà degli adolescenti ad esserlo praticamente per tutti loro.
In questi sette anni è stato fondamentale lo smartphone che ha permesso alle persone di rimanere connessi ai loro account social in ogni minuto della giornata. Ma cosa ha spinto le persone a creare una propria rappresentazione in un portale online?
Come scrive Patricia Wallace nel libro La psicologia di internet, tutto ciò può essere dovuto al fatto che la maggior parte delle persone, sente che online può rendersi la versione migliore e potenziata di sé stessa. Valorizzando le caratteristiche positive e smorzando quelle negative, a volte arrivando al punto di creare dei personaggi nuovi rispetto al reale, solo per provare qualcosa di diverso.

CONSEGUENZE DELLA SOCIALITÀ ONLINE

Mettendo in mano a giovanissimi degli strumenti così potenti, nel corso degli anni si sono manifestati sempre più mutamenti nella socialità.
Stando ai dati raccolti dalla Twenge, negli ultimi quindici anni, l’affermazione dello smartphone e dei social media, ha portato ad un forte calo del numero degli adolescenti che esce con gli amici. Gli adolescenti di oggi, avendo a loro disposizione un intero mondo a portata di “click” e “like”, tendono a rapportarsi con gli amici per lo più tramite le comunicazioni virtuali date dai social. E risulta dunque fortemente evidente che per gli iGen, l’amicizia online ha preso il posto di quella offline. Ancor più drastico appare il fatto che gli iGen interagiscono tra loro faccia a faccia ancor meno di tutte le generazioni precedenti. Di conseguenza vi è un netto cambiamento nelle interazioni che gli adolescenti hanno nei confronti della vita sociale. Sono interazioni che si sono notevolmente ridimensionate, e che vedono dei giovani adulti che molto spesso non sono in grado di relazionarsi con le persone al di fuori della sfera social. E tutto ciò diventa paradossale se si pensa che i social media sono raffigurati come piattaforme che dovrebbero favorire la socialità.
Le piattaforme social, sponsorizzate come promotrici di integrazione e di connessioni tra le persone, possono arrecare danni molto deleteri negli utenti che ne fanno largo uso. Soprattutto nei giovani, essendo particolarmente fragili emotivamente, la comunicazione online non fa altro che amplificare le insicurezze comuni nell’adolescenza. La mancata risposta immediata ad un messaggio inviato e il mancato like ad un post, sono semplici azioni che nella mente dell’adolescente possono innescare forti sintomi d’ansia.

DISTURBI PSICOLOGICI AMPLIFICATI DAI SOCIAL MEDIA

Come dice il dott. Brian Primark, direttore del centro di Ricerca su Media, Tecnologia e Salute dell’Università di Pittsburgh, non è da sottovalutare il fatto che i social pur essendo degli spazi virtuali, producono emozioni reali.
Questa affermazione emerge in maniera preponderante dallo studio pubblicato nel maggio del 2017 dalla britannica Royal Society for Pubblic Health, che ha preso in esame 1479 giovani del Regno Unito tra i 14 e i 24 anni a cui è stato chiesto di indicare quale tra Instagram, Facebook, Twitter, YouTube e Snapchat influenzasse negativamente la loro vita. Dai risultati è emerso che il 91% dei ragazzi intervistati è dipendente dai social network, utilizzando lo smartphone prevalentemente per poter accedere ai propri profili social. Ma più che soffermarci su una dipendenza ormai assodata da chiunque, il dato impressionante è che nei giovani il tasso di ansia e depressione è aumentato del 70% rispetto gli ultimi venticinque anni.
Ciò era stato rilevato anche dalla professoressa Twenge che nel libro Iperconnessi, aveva riscontrato come i giovani che passavano più di dieci ore alla settimana sui social, erano portati a manifestare nella vita reale sintomi di infelicità e di depressione.
La costante presenza sui social, inoltre, porta i giovani a distanziarsi sempre più dal mondo offline, fomentando una solitudine che in apparenza non sembra tale.
Sono molti gli studi che correlano l’ansia nelle relazioni sociali e la timidezza negli incontri interpersonali, all’alta frequentazione dei social network. Questi disturbi sembrano però riguardare in maggior misura i più giovani, come risulta maggiore la possibilità che aumenti l’ansia nei soggetti predisposti.

Altro studio di recente pubblicazione, effettuato da alcuni psicologi dell'Università della Pennsylvania, conferma la correlazione tra i sintomi depressivi e l’uso dei social. La ricerca, pubblicata nel 2018 nel "Journal of Social and Clinical Psychology", prende in esame 143 studenti che utilizzano attivamente le piattaforme social. Prima di dividere i giovani in due gruppi, i ricercatori hanno sottoposto loro un sondaggio per determinare quanto le tre settimane di osservazione, mutassero l’umore dei soggetti presi in esame. Successivamente, i partecipanti sono stati assegnati in modo casuale a un gruppo di controllo, che ha mantenuto il tipico comportamento nei confronti dei media, e un gruppo sperimentale a cui invece è stato chiesto di limitare il tempo sulle piattaforme social (Facebook, Snapchat e Instagram) a un massimo dieci minuti per piattaforma al giorno. Al termine delle tre settimane, l’esperimento ha dedotto che il gruppo sperimentale, attuando le indicazioni date, ha notevolmente ridotto i disturbi legati alla depressione e all’ansia. Da questo risultato, che sottolinea quanto un uso ridotto dei social non arrechi alcun danno alla salute mentale dei suoi utenti, i ricercatori non cercano di allontanare gli utenti dai social, ma mettono in luce quanto sia importante usare i social in maniera limitata e consapevole.

«FOMO» L’ANSIA SOCIALE CHE DILAGA NEI SOCIAL

Dallo studio del Royal Society for Pubblic Health intitolato #StatuOfMind, risulta particolarmente interessante notare come tra i vari social presi in esame, quello che ha ottenuto il riscontro peggiore da parte dei suoi utenti è stato Instagram. Il social principale della condivisione delle immagini, è risultato il peggiore tra i social nel procurare ansia, depressione, disturbi del sonno, bullismo, body image e Fear of missing out (FoMO).


Quest’ultimo sintomo risulta essere uno dei principali effetti del mondo digitale e riguarda il disturbo psicologico di essere esclusi, tipico di chi attua un uso prolungato delle piattaforme social. La FoMO, pur essendo un sentimento che da sempre ha contraddistinto la società, con l’arrivo dello smartphone, è una sensazione che negli utenti di internet si è notevolmente amplificata. Nei social, l’essere incessantemente bombardati da contenuti fa in modo che le persone, effettuato il logout, abbiano continuamente la sensazione di perdersi qualcosa di importante. Vi è costantemente la paura di essere tagliati fuori. La FoMO è infatti, particolarmente presente in social network come Facebook e Instagram. Piattaforme che permettono di vedere i contenuti più disparati dando la sensazione agli utenti di essere in una condizione di perenne confronto con gli altri.

Un recente studio di Beyens, ricercatore della School of Communication Research presso l’Università di Amsterdam, ha messo in luce come l’utilizzo di Facebook sia associato al forte bisogno di appartenenza e di popolarità dei ragazzi. Con questo studio, si è rilevato che gli adolescenti che utilizzano di più il social network, percepiscono maggiormente lo stress e la paura di essere esclusi e tagliati fuori. La FoMO è infatti rilevata in maggior misura negli adolescenti che come scrive la Twenge, pur cercando rifugio della loro solitudine nelle piattaforme social, finiscono solo per aumentarla.

UNA NUOVA GENERAZIONE

Stando a queste ricerche, ci troviamo di fronte ad una nuova generazione. Molto più avvezza al mondo online che non a quello offline. È una generazione a cui viene messo in mano troppo presto uno smartphone senza considerare le conseguenze del pigiare a caso sullo screen. La FoMO, l’insonnia, l’ansia, la depressione sono dei disturbi tipici della dimensione giovanile che ci troviamo di fronte. Una generazione che seguendo le ricerche riportate, è sull’orlo della più grave emergenza di salute psicologica giovanile degli ultimi anni.






BIBLIOGRAFIA:
Beyens I., Frison E., Eggermont S., “I don’t want to miss a thing”: Adolescents’ fear of missing out and its relationship to adolescents’ social needs, Facebook use, and Facebook related stress. Computers in Human Behavior, 64, 1-8, 2006;

Jean M. Twenge, Iperconnessi: Perché i ragazzi oggi crescono meno ribelli, più tolleranti, meno felici e del tutto impreparati a diventare adulti, Einaudi, 2018;

Melissa G. Hunt, Rachel Marx, Courtney Lipson, and Jordyn Young; No More FOMO: Limiting Social Media Decreases Loneliness and Depression, Journal of Social and Clinical Psychology, 37, 10, 751-768, 2018;

Wallace Patricia, La psicologia di internet, Cortina Raffaello, 1999 nuova edizione 2017

SITOGRAFIA
Analisi del Royal Society for Public Health, maggio 2017:
https://www.rsph.org.uk/our-work/campaigns/status-of-mind.html


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